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TERME DI VALLIO IMPEGNO PER LA SALUTE DA TRE GENERAZIONI

ALBINO-BERARDI

Commendator

Albino Berardi (1899-1985)

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Clodomiro Berardi

Cavaliere del lavoro (1927 -2000)

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dott. Sergio Berardi 

L’Acqua Castello viene imbottigliata dal 1955 per iniziativa del Commendator Albino Berardi che si curò con l’Acqua Castello e  guarì dalla calcolosi renale.

Il suo motto era:

“Voglio portare con quest’acqua il bene”

ACQUA CURATIVA DA TEMPI IMMEMORABILI

Fin da tempi remoti, gli abitanti della valle sapevano che nel territorio di Vallio c’era un’acqua curativa. Quest’acqua era detta “Acqua delle Laf”, ovvero l’acqua che lava, per le sue proprietà diuretiche e depurative.
A partire dal 1955 venne scavata una galleria nella roccia viva che consentiva di raggiungere la vena principale dell’acqua sorgiva.

Da allora cominciarono le campagne di ricerca medica e farmacologica relative all’acqua Castello delle Terme di Vallio. La sorgente è racchiusa in una splendida area boschiva protetta, soggetta a tutela ambientale.

“La sorgente degli angeli”. Dipinto dell’artista bresciano Giuseppe Mozzoni, amico di Albino Berardi

GLI ALBORI

Prima del 1953 l’Acqua Castello sgorgava naturalmente dalla roccia, ma non era stata captata nel «cuore» della montagna.

Il Commendator Albino Berardi comprese l’importanza di intercettare la sorgente all’interno della montagna, affinché l’acqua fosse più pura.

Lo scavo della galleria che porta alla sorgiva naturale venne commissionato al signor Angelo Baccoli, minatore di Sabbio Chiese.

La Galleria fu scavata interamente a mano, a colpi di piccone.

IL PRIMO IMBOTTIGLIAMENTO

 

La storia delle Terme di Vallio ha inizio nel 1955, quando venne costruito il primo imbottigliamento in località Sopranico

Originariamente lo stabile occupava sono una porzione delle odierne «Terme di Vallio».

Parte della struttura delle Terme è rimasta ad oggi  inalterata. A quel tempo la strada di via Sopranico era ancora sterrata.

A lato dell’imbottigliamento si vedono i primi uffici in costruzione

LE ORIGINI DELLE TERME DI VALLIO

Le immagini raccontano dell’evoluzione dello stabile dalla sua edificazione fino ai primi anni ’70.

Accanto al primo imbottigliamento viene realizzata la “rotonda” delle Terme

La struttura delle Terme è priva di vetrate, aperta su tutti i lati e immaginata come un grande portico per il passeggio e la cura.

LE ETICHETTE

L’immagine riprodotta nelle prime etichette dell’acqua Castello è tratta dal bassorilievo dello scultore Casari.

Il bassorilievo è intitolato “FONTO DE SANECO” ed è stato realizzata per le Fonti di Vallio il 22.05.1953

La figura dell’”assetato” viene sostituita nel 1976 dal motivo astratto dell’onda e dal castello stilizzato, tuttora presente nella grafica.

L’ACQUA CASTELLO TRA STORIA E LEGGENDA

Tratto da “Leggende di Vallio” Lino Monchieri, Editore Apollonio, 1969

C’era una volta, in quel di Sopranico, una baita fuori mano. I valligiani non l’abitavano perché la ritenevano infestata dagli spiriti. A quel tempo, gli abitanti creduloni vedevano fantasmi ovunque si proiettasse il loro istintivo timore.
Un giorno, non si sa come, venne ad occupare la baita un forestiero: parlava solo con se stesso e non amava la compagnia. I montanari lo soprannominarono dapprima “il solitario”, poi, con l’andar del tempo, l’alone di mistero che  circondava il forestiero gli fece meritare l’appellativo di “amico del diavolo”, di “fantasma maligno”.

 

L’Importanza accrebbe la curiosità nei confronti dell’inavvicinabile forestiero. L’ignoranza fece il resto. Un gruppo di valligiani, convinti di avere a che fare con un individuo capace di stregoneria, prese la decisione di impadronirsene di sorpresa e di bruciarlo vivo.
-“Al rogo!” – gridarono gli uomini della contrada, aizzati dai facinorosi.
-“Alle fiamme lo spirito maligno!” – insorse il popolino, accecato dal furore.

Armati di funi, di paglia e di bastoni, i più decisi risalirono la valletta e raggiunsero la balza sulla quale poggiava la baita. Senza intimare lo sfratto all’inquilino, ammassarono la paglia, sterpi e legna attorno al fienile. Quindi appiccarono il fuoco. Alte lingue rossastre avvolsero l’abituro che arse come uno stecco. Con un urlo sovrumano, il misterioso forestiero balzò da un , attraversò la cortina di fuoco e si dileguò nella notte, ingoiato dal nulla. Lo spavento e la sorpresa dei valligiani furono grandi. La fantasia ebbe il sopravvento e sulla paura e le dicerie furono disparate. Sull’episodio i più furono concoidi nell’affermare di aver visto il forestiero, con gli abiti in fiamme, sparire nelle tenebre lasciando una scia luminosa dietro di sé.

Ci fu anche chi assicurò di aver tentato un impossibile insegnamento. In realtà, vinto l’attimo di smarrimento, i valligiani più coraggiosi si erano gettati alle calcagna del fuggitivo. Su, su, su, in una corsa affannosa, verso l’alto della montagna. Ad un tratto, quando già il drappello degli inseguitori, col fiato grosso per la fatica, stava per recuperare il terreno perduto, ecco risuonare nella notte una risata stridula.

l’Inseguimento:

Proprio sulla cima, tra le rocce, era apparso il forestiero. I suoi occhi fiammeggiavano. I montanari si erano arresi allibiti. Rivolto a loro, il forestiero gridò: – Uomini della Valle, io ero venuto tra voi col desiderio di avvicinarvi e mi avete evitato. Io ero venuto per aiutarvi a spegnere le vostre pene e voi mi avete schifato. Io ero venuto per abitare con voi e mi avete scacciato dalle vostre case. Ora ascoltate: col fuoco mi ferite e con il fuoco voi perirete! Invocherò di là che le vostre baite siano incenerite da una pioggia di fuoco e i vostri campi riarsi dalla siccità. Udite, uomini della Valle: questa sarà la vostra maledizione per avermi dato la caccia: non avrete più acqua, ma soltanto fuoco!I valligiani gridavano atterriti: – E’ il diavolo! E’ il demonio in persona!Si buttarono in ginocchio e invocarono ad alta voce l’aiuto del cielo: -Non permettere, o Dio, che le forze infernali distruggano  le nostre case!  In quel momento si udì un rombo possente, quasi un boato. La terra tremò, la montagna si squarciò e mentre le rocce rotolavano a valle, il forestiero dagli occhi ardenti fu ingoiato da una voragine apertasi d’improvviso sotto ai suoi piedi. (…)

Epilogo

L’alba tingeva il cielo di luce a oriente: agli occhi dei valligiani, dalla fenditura della roccia che aveva ingoiato il misterioso fantasma apparve un piccolo cratere fumante.– Guardate, le Laf, gridarono i valligiani
-E’ un prodigio! Sul fondo della slavina, da sotto la roccia, aveva preso a sgorgare una fresca sorgente. Un’acqua limpida come nessun altra della valle. (…)

Da allora in poi alla sorgente delle Laf salirono non soltanto i valligiani, ma tutti coloro che avevano fiducia nella bontà di quell’acqua scaturita a beneficio degli uomini di buona volontà – Il luogo fu chiamato “El funtanu de le Laf” (La sorgente delle lavine) e oggi, ancora, l’acqua benefica premia nella valle la sete quotidiana degli uomini.