C’era una volta, in quel di Sopranico, una baita fuori mano. I valligiani non l’abitavano perché la ritenevano infestata dagli spiriti. A quel tempo, gli abitanti creduloni vedevano fantasmi ovunque si proiettasse il loro istintivo timore.
Un giorno, non si sa come, venne ad occupare la baita un forestiero: parlava solo con se stesso e non amava la compagnia. I montanari lo soprannominarono dapprima “il solitario”, poi, con l’andar del tempo, l’alone di mistero che circondava il forestiero gli fece meritare l’appellativo di “amico del diavolo”, di “fantasma maligno”.
L’Importanza accrebbe la curiosità nei confronti dell’inavvicinabile forestiero. L’ignoranza fece il resto. Un gruppo di valligiani, convinti di avere a che fare con un individuo capace di stregoneria, prese la decisione di impadronirsene di sorpresa e di bruciarlo vivo.
-“Al rogo!” – gridarono gli uomini della contrada, aizzati dai facinorosi.
-“Alle fiamme lo spirito maligno!” – insorse il popolino, accecato dal furore.
Armati di funi, di paglia e di bastoni, i più decisi risalirono la valletta e raggiunsero la balza sulla quale poggiava la baita. Senza intimare lo sfratto all’inquilino, ammassarono la paglia, sterpi e legna attorno al fienile. Quindi appiccarono il fuoco. Alte lingue rossastre avvolsero l’abituro che arse come uno stecco. Con un urlo sovrumano, il misterioso forestiero balzò da un pertugio, attraversò la cortina di fuoco e si dileguò nella notte, ingoiato dal nulla. Lo spavento e la sorpresa dei valligiani furono grandi. La fantasia ebbe il sopravvento e sulla paura e le dicerie furono disparate. Sull’episodio i più furono concoidi nell’affermare di aver visto il forestiero, con gli abiti in fiamme, sparire nelle tenebre lasciando una scia luminosa dietro di sé.
Ci fu anche chi assicurò di aver tentato un impossibile insegnamento. In realtà, vinto l’attimo di smarrimento, i valligiani più coraggiosi si erano gettati alle calcagna del fuggitivo. Su, su, su, in una corsa affannosa, verso l’alto della montagna. Ad un tratto, quando già il drappello degli inseguitori, col fiato grosso per la fatica, stava per recuperare il terreno perduto, ecco risuonare nella notte una risata stridula.